
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, si sta trasformando in un vulcano in pieno eruzione. La sua rabbia, ormai incontrollabile, ieri citta della scienza dove ha partecipato al giuramento di Ippocrate, ha raggiunto il culmine con affermazioni che lasciano poco spazio all’interpretazione: un attacco frontale contro tutti, dalla sinistra alla destra, accusando chiunque di essere un analfabeta funzionale, incapace di comprendere la complessità del territorio che governa, definendo qualcuno “ciuccio”. Il suo sfogo si concentra su un presunto tentativo di spartizione dei candidati, un gioco che, secondo lui, dimostra una totale mancanza di rispetto per la Campania stessa. La regione, per De Luca, non può essere considerata un bene privato o una proprietà personale di qualche forza politica, dimenticando che per quasi 10 anni l’ha governata come se fosse una sua proprietà. La sua retorica si fa sempre più dura, e alzando la voce davanti ai giovani medici di Città della Scienza, non si trattiene dal lanciare accuse dirette: l’accordo tra Pd e M5s, che dovrebbe rappresentare un passo verso una soluzione condivisa, diventa per lui un simbolo di decadenza e di perdita di dignità. L’ira di De Luca si fa sentire anche nei confronti dei suoi stessi alleati. Il suo rapporto con il Pd è ormai ai minimi storici. La segretaria Elly Schlein, da settimane lo ignora. La sua incapacità di ottenere un confronto diretto e costruttivo lo porta a considerare l’unica strada possibile quella dell’outsider, quella di una candidatura scelta tra le sue file, con lui capolista in più circoscrizioni, sperando di aggirare le logiche di partito e di imporre la sua volontà. Il quadro interno al centrosinistra si fa sempre più frammentato. Tra chi si schiera con lui e chi invece si allontana, la regione si avvicina a un punto di rottura. E in questo caos, il figlio di Piero De Luca, si trova ormai prigioniero di un padre che, accecato dall’ira, sembra aver perso di vista ogni senso della misura. La sua presenza nella scena politica è ormai più come un simbolo di lotta fratricida che di unità. Piero, che ha cercato di mediare tra le ambizioni paterne e le esigenze del partito, si trova a dover gestire un’eredità pesante e un padre che, più che un leader, appare un comandante furioso, pronto a scatenare tempeste inarrestabili. La domanda che aleggia nell’aria è: “quanto ancora resisterà questa crisi prima di esplodere definitivamente? La Campania si avvia verso una stagione di guerra civile politica, dove le parole si trasformano in atti e i rancori si alimentano di ogni scontro, in un crescendo che sembra senza fine.