Familiari e amici in sit-in su via Medina dopo il divieto di cerimonia pubblica. Magliette, striscioni e slogan per chiedere giustizia e l’ultimo saluto al giovane ucciso a Varcaturo.
Un sit-in improvvisato, un urlo collettivo, magliette con il volto sorridente di un ragazzo di appena 18 anni. Così familiari e amici di Nicola Mirti, il giovane accoltellato a morte l’8 giugno sulla spiaggia di Varcaturo, hanno protestato nella serata di ieri davanti alla Questura di Napoli, in via Medina. La tensione è salita quando è stato reso noto il divieto, deciso dalle autorità, di celebrare i funerali in forma pubblica, inizialmente previsti per domenica 15 giugno nella chiesa di San Giovanni Battista a Marianella. La notizia ha scatenato la rabbia dei presenti: circa cinquanta persone si sono radunate sulla carreggiata, bloccando per un tratto il traffico cittadino. Polizia in tenuta antisommossa ha presidiato l’ingresso della Questura per contenere eventuali disordini. Gli agenti sono rimasti a distanza, evitando contatti diretti con i manifestanti, che hanno urlato per minuti interi il nome di Nicola. Secondo quanto riferito dai familiari, era tutto pronto per il funerale: chiesa riservata, manifesti affissi e parenti attesi anche da fuori regione. Il veto imposto dalla Questura è stato vissuto come un ulteriore dolore, un gesto incomprensibile per chi voleva solo accompagnare il ragazzo nel suo ultimo viaggio. Non sono ancora note le motivazioni ufficiali del provvedimento, ma si ipotizza che sia legato a ragioni di ordine pubblico, considerando l’alto coinvolgimento emotivo e la possibilità di disordini durante la cerimonia. Nicola Mirti è stato ucciso l’8 giugno scorso con almeno due fendenti al torace. Per l’omicidio è attualmente fermato Salvatore Sannino, 19 anni, residente anche lui a Mugnano. I due si conoscevano da tempo e avevano avuto attriti in passato. L’incontro sulla spiaggia, inizialmente casuale, si è trasformato in tragedia. Sannino, al momento, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Le indagini, affidate alla Squadra Mobile di Caserta, si basano su alcune testimonianze e sulle immagini di videosorveglianza.
